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    camicia uomo anni 30

    Camicie uomo anni trenta

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    Oggi vorrei parlarti della storia della camicia da uomo anni trenta, partire dalla sua origine e arrivare al  modello tanto amato da noi appassionati di retrò. Ci saranno degli ottimi consigli anche per gli amanti delle danze swing, consigli su come vestirsi ad una serata di lindy hop.

    A inizio ‘800 il raffinato dandy Beau Brummel riuscì a seppellire la moda delle corti settecentesche,
    tutta parrucconi incipriati e colori sgargianti, per dare vita al sobrio stile british. Il concetto iniziale
    di Brummel si può riassumere in “si è eleganti in quanto invisibili” (il contrasto dei colori sobri con
    i colori sgargianti dell’epoca). Negli anni della rivoluzione industriale l’uomo si dedicò
    maggiormente al mito del progresso, del denaro e del successo, abbandonando una cosa ritenuta
    poco importante come la moda, lasciandola alla donna e adottando lo stile del minimalismo con
    colori virili come il blu e il nero. Con questa rivoluzione l’uomo cominciò ad aver maggior e più
    frequente igiene personale e nacque dunque in relazione a ciò la moda di cambiarsi la camicia tutti i
    giorni. Il modo di vestire del dandy creò lo stile maschile che rimase, con le dovute modifiche del
    corso del tempo, fino agli anni ‘50 e anni ’60.

    Le origini della camicia

    La camicia è la diretta figlia della tunica la quale veniva utilizzata in epoca romana e nel corso dei
    secoli ha avuto significativi cambiamenti che l’hanno portata ad essere ciò che è per noi oggi.
    Inizialmente era, appunto, una tunica lunga, morbida alle due estremità e tenuta stretta in vita con
    una fascia. In seguito iniziò ad accorciarsi sempre più arrivando fino a più di metà coscia, finché
    non si arrivò all’inizio della Prima Guerra Mondiale e alla crisi del ‘29 in cui vennero meno i
    materiali. Ci fu quindi il razionamento delle stoffe e proprio in questo periodo nacque la camicia
    che tutti noi conosciamo, nonostante nel tempo abbia ricevuto piccole modifiche. Inoltre in questi
    anni era in voga il semplice cambio del colletto e dei polsini delle camicie, in questo caso gli
    uomini potevano risparmiare e sembrava avessero sempre una camicia pulita o nuova.

    Lo stile maschile anni 30

    Per questo motivo fino alla seconda metà del 1900 lo stile maschile venne considerato relativamente
    poco, ma nonostante ciò gli uomini ci tenevano a mostrarsi con abiti eleganti dal taglio morbido,
    accompagnati da camicie, solitamente realizzate in tessuti come il batista, una stoffa molto fine,
    trasparente e leggera realizzata in lino. Molto di moda ed ereditate dagli anni ‘20 sono le camicie
    button down, caratterizzate da un colletto con punte morbide e tenute in posizione da due bottoni
    sulla parte frontale in modo tale da tenere il colletto, evitandone l’arricciatura. Spesso questo tipo di
    camicia veniva accompagnato da stecche o tendicollo (un dispositivo per mantenere la giusta
    curvatura della camicia). Le maniche, invece, rimasero col taglio classico, ossia con i polsi doppi da
    gemelli. Al nuovo stile di camicie venne abbinata la cravatta, generalmente scura, portata con un
    nodo molto stretto.

    Vedi gemelli e fermacravatta

    I tessuti anni 30

    L’innovazione dei tessuti delle camicie si espanse ed oltre ad essere prodotte con il batista, vennero
    realizzate anche con altre stoffe pregiate molto resistenti, ma allo stesso tempo leggere come la seta,
    il popeline(in origine, nel XVI secolo, destinato esclusivamente al Papa), il lino, il filo di Scozia o
    la flanella. Durante la produzione di queste camicie era solito tingere i capi con diversi pigmenti, tra
    i più comuni vi erano il panna, il grigio, l’azzurro e il cachi; a riscontro di ciò si introdusse
    l’abitudine per gli uomini di indossare, durante il giorno camicie caratterizzate da colori tenui,
    mentre per la sera rigorosamente bianche.

     

    Dress code anni 30

    Per le serate d’occasione venivano indossate, sopra il dress code della camicia bianca, sobrie
    giacche doppio petto o smoking jacket. Fu proprio agli esordi degli anni Trenta che il Duca di
    Windsor, Edoardo VIII, ricordato anche per il suo stile personale, inventò il color midnight blue
    (blu notte), un blu che alla luce appariva più scuro del nero. Questo colore veniva indossato dal
    Duca ed in seguito da molti altri uomini che adottarono nello smoking jacket tale pigmento. Questa
    tipologia di smoking era caratterizzato dalla giacca corta da fumo, dove il collo ed i polsini erano
    fatti di velluto per assorbire solo in quei punti l’odore del tabacco e della nicotina, proteggendo
    dunque il resto dei vestiti.

    Negli anni ‘30 comunque, oltre all’estrema eleganza delle camicie indossate dagli uomini iniziò a
    prender piede anche la maglia bianca stile polo dei tennisti, che venne inventata nel 1933 dal
    tennista francese Renè Lacoste, il quale la mise sul mercato, con l’aggiunta di un piccolo
    coccodrillo, che venne apprezzato anche fuori dal campi da tennis ( Vedi Polo Lacoste ).
    Nonostante l’età, la classe sociale e le differenti culture, gli uomini negli anni Trenta erano tutti
    accomunati da un indumento che ha caratterizzato l’uomo dall’epoca dei romani ad oggi, e che
    spesso, in base al modo in cui veniva indossata, rappresentava la persona: questo indumento è per
    l’appunto, la camicia.

    Le flappers: i costumi e la storia delle prime donne ribelli

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    Gli anni ’20 sono ricordati come the roaring twenties degli Stati Uniti, les années folles della
    Parigi del primo dopo guerra o goldene zwanziger nella Germania della ricostruzione. È in
    questa singolare epoca delle rivoluzioni tecnologiche, economiche e sociali, che le flappers
    hanno avuto origine, cambiando per sempre il modo di vivere delle donne, fino ai giorni
    nostri.
    In questo articolo focalizziamo la nostra prospettiva sulle prime donne ribelli della storia
    contemporanea e il loro contributo determinante sull’emancipazione femminile. Torneremo
    indietro, all’epoca del Jazz e dei grammofoni, respireremo le atmosfere dello swing, e del
    Charleston solo.
    Alziamo le gonne e iniziamo a muovere le gambe!

    Chi sono le flappers: origini del nome

    Il nome flapper deriva dallo slang anglosassone, più precisamente dal termine flap, che in
    inglese significa sbattere.
    Questo verbo è solitamente accostato agli uccellini che imparano a volare e, quindi, sbattono
    le ali per darsi lo slancio. Pare che nella prima metà del 1600, con flapper ;intendesse
    indicare le giovani prostitute, agli inizi della professione.
    Con il tempo, il termine è entrato a far parte del vocabolario inglese, per indicare le giovani
    ragazze, appena divenute donne. Più avanti designò le ragazze trasgressive e irrequiete; fino
    ad essere il termine di riferimento per indicare le giovani degli anni 20; del 900.
    Già, l’appellativo ci indica le caratteristiche principali di queste giovani ribelli, che non
    avevano voluto uniformarsi alla vecchia società perbenista, dove le donne non avevano ruolo,
    ne padronanza di se stesse.
    Ma prima di entrare nel merito della moda, dei costumi e dello stile di vita delle flappers,
    cerchiamo di capire qual era il contesto in cui si è sviluppata questa nuova percezione della
    femminilità.

    Fascia Anni 20 Gatsby Flapper

     

    Il contesto epocale e gli anni d’oro della rivoluzione femminile

    Il primo ventennio del Novecento è stato uno dei periodi storici più movimentati in epoca
    contemporanea: il periodo delle conquiste tecnologiche, dello sviluppo delle industrie, del
    boom economico, e del cinema.
    È stato anche il periodo del primo dopoguerra, dove in Europa era in corso la ricostruzione,
    nella quale gli Stati Uniti avevano un ruolo centrale. Per questo motivo usi e costumi europei
    e mode made in USA hanno iniziato a mescolarsi più rapidamente, dando il via ad un
    processo di contaminazione, poi esploso nel secondo dopo guerra.

    Negli anni della grande guerra molte donne europee avevano dovuto lavorare, sperimentando
    l’indipendenza dalla supremazia maschile. In America, intanto esplodeva il Jazz; e lo swing
    cominciava a riempire i locali notturni con i sui ritmi veloci e il tempo sincopato.
    È in tutta questa rivoluzione sociale e di costume che nascono le prime flappers.

    I costumi e la moda delle flappers: tra Charleston e gonne corte

    Ma quindi chi erano le flappers? E perché sono state un tassello importante per
    l’emancipazione femminile?
    Le flappers sono state le prime donne del Novecento a rinunciare ai capelli lunghi e raccolti,
    hanno inaugurato la libertà di movimento liberandosi del corsetto, e hanno esposto le caviglie
    all’occhio pubblico.
    Si tratta, quindi di una moda generazionale, che nel tempo si radicò anche nelle donne più
    grandi. Solo dopo la depressione americana del 1929, il fenomeno andò a spegnersi.

    Gonne alle caviglie e abiti sensuali a vita bassa

    L’abbigliamento della flapper nasce proprio dall’esigenza di agevolare il movimento delle
    donne lavoratrici, le quali avevano sostituito i mariti in guerra.
    Con l’avvento delle danze swing in America e la nascita di figure rappresentative, come la
    stilista francese Coco Chanel, le gonne alle caviglie e la vita bassa diventano fondamentali
    nell’abbigliamento femminile. Fu Coco Chanel una delle prime donne a lanciare il taglio alla
    maschietta, i capelli cortissimi delle flappers.
    La nuova moda permetteva alla donna di mostrare la propria sensualità in maniera libera. La
    maggior parte delle giovani ribelli fumava; tutte le flappers ascoltavano la musica jazz,
    collezionavano dischi e ballavano Charleston sole.

    La musica swing e il Charleston

    Il Jazz e il Charleston sono parte integrante della cultura americana e ( in seguito europea)
    dell’epoca. Le calde atmosfere dei locali fumosi e il ritmo del Charleston scandivano le serate
    delle giovani.
    Nessuna studentessa dell’epoca rinunciava ai grammofoni, al cinema e meno ancora ai night,
    dove potevano ballare e scatenarsi senza la necessità di un compagno.
    Se da un lato il bisogno di avere vestiti più comodi favoriva le giovani ballerine, la danza
    Charleston richiedeva una libertà completa del movimento.
    La vita degli abiti iniziò ad abbassarsi, qualcuna iniziò a portare i primi pantaloni a taglio
    maschile (Coco Chanel e l’attrice Clara Bow), le ragazze si scatenavano a ritmi sempre più
    folli: lanciavano le gambe in aria e si muovevano convulsamente.

    Dalla realtà alla fiction: attrici come icone e le origini di Batty Boop

    Nella sua storia, la società contemporanea è sempre stata fortemente influenzata dalle icone
    dello spettacolo; anche gli anni ’20 avevano le loro muse.
    Le attrici che hanno rafforzato maggiormente l’immagine della flapper sono state molte. Fra
    le più note ci sono:
    Helen Kane
    Clara Bow
    Louse Brooks
    Joan Crawford
    Evelyn Brent

    Ma anche le artiste afro : Esther Jones (Baby Esther) e la danzatrice Josephine Baker.
    Oltre al cinema, anche il mondo dei cartoni animati ha contribuito fortemente ad affermare la
    flapper come icona femminile dell’epoca.
    Figure come l’attrice statunitense Helen Kane e la cantante Baby Esther hanno ispirato uno
    dei cartoni più famosi degli anni ’30 ancora molto noto ai giorni nostri: Batty Boop.
    Pare infatti che il celebre cartoon sia stato ispirato dalle movenze di Helen Kane, la quale,
    poi, doppierà il cartone, ma anche dai tratti di Baby Esther, dalla quale trarrà gli abiti succinti.
    Il cartoon Batty Boop è una dedica ai ruggenti anni venti e all’indimenticabile mondo delle
    flappers.
    Se ci venisse voglia di chiederci, perché negli anni quaranta molte ragazze fumavano o
    perché negli anni cinquanta le pin-up portavano vestiti sopra al ginocchio e scoprivano
    l’ombelico, possiamo cercare la risposta in un evoluzione femminile che è cominciata proprio
    con le flappers.

    Fermaglio per capelli Flappers anni ’20